Operare una scelta tra le innumerevoli teche dedicate dalla televisione italiana a un macro-tema come la storia del fascismo non è operazione agevole. Il rischio è quello di operare scelte arbitrarie. Per evitarlo, ci si è orientati su alcuni criteri.
Quanto al numero, si è scartata subito ogni illusoria velleità di catalogazione esaustiva, tenendo presente il carattere divulgativo e la funzione di ausilio didattico del presente webdoc (senza contare i limiti di quantità che i detentori dei materiali erano disposti a concedere, per comprensibili esigenze di tutela del patrimonio aziendale). Si è poi fissato un approccio verticale e diacronico. Un approccio cioè che mostrasse il progressivo comporsi, lungo i decenni, della narrazione televisiva su quel macro-tema storico e il mutare dei relativi modi e contenuti di narrazione, talvolta anche con variazioni interpretative notevoli, connesse all’avanzare delle ricerche storiografiche, delle sensibilità prevalenti, del contesto politico (interno ed internazionale). La ripartizione scelta e condivisa sin dall’inizio è stata dunque quella di individuare un programma per ciascun decennio, ovviamente dalla nascita della televisione italiana (otto decenni in tutto, dunque, compreso quello in corso). Solo in taluni casi si è derogato da questa regola presentando estratti da un paio di programmi dello stesso decennio.
Quanto poi ai contenuti, all’interno del macro-tema “fascismo”, tra i molti aspetti possibili e diffusamente trattati in televisione, si è cercato di dar conto dei principali momenti e aspetti del “ventennio”, utilizzando cioè un criterio sia cronologico che tematico.
Quanto al criterio cronologico, si sono cercati ed inclusi estratti sull’ascesa al potere del fascismo, su quello che molti considerano il suo apogeo di consenso (la conquista dell’Etiopia), sul momento della sua rovinosa caduta nel luglio del 1943, sulla Resistenza che con successo vi si contrappose nei successivi ‘venti mesi’ (settembre 1943-aprile 1945) determinandone il crollo storico definitivo.
Quanto al secondo criterio, quello tematico, si sono scelte teche affrontanti: le radici del fenomeno dello squadrismo, la politica coloniale (con la guerra d’Etiopia), la svolta antisemita del 1938 e la reazione ad essa degli italiani comuni, il rapporto tra Duce e regime, l’esistenza di posizioni ed elementi contraddittori all’interno dello stesso Mussolini, i crimini di guerra compiuti in nome del regime (segnatamente nei Balcani), le auto-assoluzioni collettive del dopoguerra in merito alle responsabilità della società italiana durante il Ventennio, il fascismo ‘degli inizi’ come fenomeno di rinnovamento generazionale, il contributo femminile al suo crollo, e così via.
Nella scelta, si è altresì avuto cura di dar conto dei vari approcci televisivi al tema: dal documentario “classico”, c.d. di repertorio o di montaggio, ai programmi costruiti sull’uso prezioso di ‘testimoni’ allora ancora in vita (aspetto, questo, che rende particolarmente chiaro come tali trasmissioni possano essere non solo strumenti divulgativi e costruttrici di memoria, ma pure fonti storiografiche primarie esse stesse); dal “dibattito in studio” con gli storici diretti protagonisti (oltre che consulenti scientifici), sino allo sceneggiato storico con attori (una drammatizzazione della Storia che aiuta a rendere allo spettatore l’importanza dell’agire individuale e l’incedere concitato degli eventi).
Per gli anni Cinquanta si è scelto un estratto di un documentario cosiddetto “di montaggio”, ossia costruito sul montaggio di immagini d’epoca, tenute insieme da una voce narrante, la quale spiega e dà conto degli eventi occorsi. Questa tipologia di documentario storico è cronologicamente la prima a presentarsi in tv (in Italia come pure nelle televisioni di altri Paesi europei) ed ha il pregio di essere la più indicata per fornire allo spettatore una ricostruzione chiara e cronologica degli eventi storici. Anche il tema scelto è stato quello basilare come introduzione, cioè l’arrivo al potere del fascismo.
Con l’avanzare dei decenni, progressivamente si presentano, e vengono offerti al navigatore del webdoc, anche nuove forme di narrazione storica. Forme che vengono sperimentate e via via si affiancano al documentario di montaggio ‘classico’. Analogamente, anche i temi e gli aspetti storici maggiormente sottolineati si arricchiscono ed evolvono lungo i decenni, in un incrementale percorso di comprensione storica del passato nazionale.
Negli anni Sessanta, infatti, ecco che il navigatore del webdoc trova un video sulla Resistenza. Si è scelto questo tema anche perché il momento resistenziale fu ripetutamente sottolineato in quel decennio, al fine fornire un collante unitario alle forze politiche impegnate nella collaborazione richiesta dalla c.d. ‘apertura a sinistra’. In altri termini la progressiva inclusione dei socialisti al governo da parte di democristiani e liberali necessitava di una legittimazione storico-morale e questa viene individuata appunto nella comune partecipazione all’epopea resistenziale, riscoperta e ribadita come mito fondativo comune, al di là e al di sopra di ogni pur netta divisione ideologica tra le forze coalizzate. In particolare il 1965 è l’anno del ventennale della Resistenza, solennemente commemorato dal presidente della Repubblica Giuseppe Saragat (egli stesso con un passato tra i leader politici della Resistenza). Ed ecco dunque la teca prescelta, ‘Le donne della Resistenza’, in onda appunto nel 1965. In questo documentario (firmato dalla grande regista Liliana Cavani) il navigatore del webdoc potrà notare già, oltretutto, un primo uso delle testimonianze storiche (in questo caso, di ex-partigiane), per vivacizzare la narrazione televisiva degli eventi.
Negli anni Settanta, un nuovo format di narrazione televisiva di settore è dato dalla grande inchiesta di ricostruzione storica in più puntate con l’uso di interviste. (Un modello che la stessa BBC era andata sperimentando con la serie The great war). In questo caso, l’inchiesta riguarda l’avvento del fascismo, dato il cinquantennale della marcia su Roma (1922-1972), e viene affidata a Sergio Zavoli, uno dei più autorevoli giornalisti della storia della Rai. Zavoli compie un ulteriore passo avanti perché, con una mossa che desta scalpore, invita a testimoniare anche gli stessi squadristi e fascisti, nella convinzione che un contributo di ricostruzione storica non possa esimersi dall’ascolto di tutte le parti coinvolte, senza rimozioni.
Negli anni Ottanta, a proposito del superamento di fasi rimozioni, si è ormai cominciato ad affrontare il tema delle leggi razziali – di cui era stato pioniere a livello storiografico Renzo De Felice, col suo “Storia degli ebrei sotto il fascismo” del 1961 – ma lo si fa secondo i canoni autoassolutori allora prevalenti, che enfatizzano solo i casi di aiuto prestato agli ebrei, sottolineando fin dal titolo stesso dell’inchiesta “Il coraggio e la pietà” degli italiani. Questa inchiesta, di cui lo stesso De Felice è consulente, include un’intervista a Primo Levi, importante sia per il contenuto che perché fu una delle ultime rilasciate prima della sua morte. Al contempo, sempre negli anni Ottanta riflessioni sul carattere contraddittorio e sfaccettato del Duce (e dunque del regime) cominciano a trovare più spazio nel discorso pubblico e dunque anche televisivo, come mostra l’intervista rilasciata dal “peso massimo” del giornalismo italiano Indro Montanelli all’illustre collega Enzo Biagi. Quello stesso Montanelli che era passato dal fascismo all’antifascismo (ed era dunque testimone), che pubblicava fortunati libri di storia (ed era dunque, in questo senso, ascoltato divulgatore) e che da direttore del “Giornale” aveva voluto con sé Renzo De Felice (lo storico accademico del fascismo per eccellenza), il quale nel frattempo era impegnato appunto nella monumentale biografia di Mussolini in più volumi, nella quale cerca appunto di dar conto delle varie e contraddittorie fasi attraversate dal dittatore.
Negli anni Novanta, ecco che il webdoc dà conto anche di una diversa forma di narrazione televisiva del fascismo: lo sceneggiato di ricostruzione storica, fatto con attori, che impersonano in questo caso il Re (Vittorio Emanuele III) e Mussolini, nel momento in cui il primo liquida e fa arrestare il secondo, nel tentativo (poi fallito) di separare il crollo del regime da quello della Corona. Lo sceneggiato viene poi seguito dalle parole di due storici, Francesco Malgeri e Claudio Pavone – quest’ultimo autore proprio in quel 1991 del fondamentale saggio scientifico “Una guerra civile” sulla Resistenza.
Per il primo decennio del nuovo secolo, la scelta del programma video (unico, anche se diviso in 4 brevi estratti) è caduta invece su un documentario del 2008 costruito tutto sulle testimonianze di ebrei italiani sopravvissuti alle leggi razziali, mirante a mostrare – attraverso le i loro ricordi vividi e spesso terribili e commoventi – il carattere affatto blando della persecuzione antisemita fascista e l’alto grado di indifferenza e compromissione della popolazione non-ebrea rispetto a tale persecuzione di loro concittadini. Il divario con “Il coraggio e la pietà” (1986) è quanto mai lampante. L’insistenza sulla raccolta dei ricordi dei testimoni “prima che sia troppo tardi” per motivi anagrafici è ricorrente in quegli anni, come mostrato all’estero anche dal progetto della USC Shoah Foundation, promossa da Spielberg. E ciò trova un corrispettivo da un lato nell’istituzione della ‘Giornata della memoria’ sulla Shoah (celebrata in Italia a partire dal 2000, come il webdoc ricorda nella sezione Cultura e politica) e dall’altro nelle ricerche scientifiche su tali temi, come quelle di Michele Sarfatti o i libri di Liliana Picciotto Fargion, basati questi ultimi appunto su un approccio di meticolosa ricostruzione dei destini individuali degli ebrei italiani, prima che il tempo getti un oblio definitivo su quanto occorsogli.
Il decennio seguente vede, a livello televisivo come pure storiografico, la continuazione e l’approfondimento dell’opera di decostruzione del mito degli “italiani brava gente” (italiani cioè che sarebbero stati solo vittime e non anche corresponsabili del regime fascista, in quanto antropologicamente incapaci di fare il male a differenza di altri popoli). Per questo la scelta è caduta qui sul tema della conquista dell’Etiopia e sui crimini di guerra commessi dall’Italia nei Balcani. Il primo fu momento di svolta del fascismo verso l’espansionismo militarista e verso l’abbraccio con il nazismo) nonché esempio di colonialismo italiano a torto ritenuto più umano dei quello di altre potenze coloniali), il secondo offre ai fruitori del webdoc un esempio tra molti del carattere moralmente oltre che militarmente fallimentare della Seconda guerra mondiale italiana. Dal punto di vista televisivo, la scelta ha privilegiato “Il tempo e la storia” non solo perché programma di punta del canale tematico intanto sorto (Rai Storia), ma perché esempio virtuoso di ibridazione nei modi di narrazione televisiva, grazie all’uso di brevi filmati intervallati però da interventi di uno storico in studio: un mix che consente di coniugare la chiarezza espositiva del primo metodo con le possibilità di scavo argomentativo del secondo. Analoghe considerazioni valgono infine per il decennio tuttora in corso, con “Passato e Presente” che continua l’opera di divulgazione quotidiana della storia iniziata dal suddetto predecessore (Il tempo e la storia), procedendo ad approfondire temi anche più di dettaglio, come il coinvolgimento dei giovani nella presa del potere del fascismo.
La scelta di limitare i testi a una funzione di contestualizzazione, lasciando spazio alla viva voce dei documenti senza appesantirli, è legata, oltre che alla funzione divulgativa e non scientifica del progetto, alle esigenze proprie del medium usato, a cominciare dalla ben nota brevità dei tempi di lettura e permanenza media su ciascuna pagina che è propria dell’utenza web.